Chiudiamo gli occhi e la vediamo.
L’azienda artigiana metalmeccanica italiana storica.
Quella fatta di mestiere, di passione, di competenze.
Quella in cui la persona più esperta seguiva i nuovi arrivati, passo dopo passo, per introdurli alle pratiche più comuni.
Controllare i pezzi, sbavarli dopo la produzione, condurre una macchina senza intoppi.
Mentre i più esperti si occupavano di piazzamento e programmazione, per trasmettere quelle informazioni più avanti.
Ce ne sono ancora? O siamo completamente soverchiati dalla tecnologia?
Il ricambio generazionale, assieme alla tecnologia, ha portato il più grande sconvolgimento.
Perché se fino a prima della rivoluzione dell’industria 4.0 le aziende avevano un percorso per le nuove leve, con l’avvento di strumenti all’avanguardia, queste sono state introdotte specificatamente per l’introduzione di quegli strumenti.
Lo abbiamo visto dapprima con il CAM, software per i più temerari artigiani che intravedevano possibilità notevolmente maggiori di essere competitivi e vi approcciavano in prima persona.
O suggerimento per pescare dal mercato giovani volenterosi (più o meno competenti) da adibire specificatamente all’utilizzo della nuova tecnologia.
Quante volte abbiamo commesso questo errore? Sì, si tratta di un errore.
Motivo n.1 : qualsiasi tipo di nuova tecnologia in azienda è potenzialmente il punto di svolta del nostro business.
Lo abbiamo visto e lo vediamo ancora, con i social, l’intelligenza artificiale, e tutto il resto.
Quando arriva, cambia tutto.
Questo potrebbe voler dire che, in poco tempo, l’attività ausiliaria, considerata (sempre) secondaria rispetto alla produzione, potrebbe diventare il perno (o collo di bottiglia) attorno al quale gira l’attività commerciale o produttiva o di pianificazione.
Per giunta, in un secondo momento questa sarebbe nelle mani della persona potenzialmente più giovane in azienda, con meno esperienza ma anche meno attaccata ai valori di cui sopra.
E come ogni buona leadership insegna, “devi conoscere tutto ma non essere esperto in niente, per quello devi assumere qualcuno migliore di te”.
Questo vuol dire saper riconoscere del talento ma anche assumersi la responsabilità di coordinare attivamente, conoscendo in prima persona e collaborando, senza permettere giudizi, da cui il punto 2.
Motivo n.2 : le persone adibite solo alla nuova tecnologia saranno poco integrate nel gruppo lavorativo.
Se pensiamo alla diffidenza dei reparti nei confronti di chi ha utilizzato il CAM in passato, ci rendiamo conto che introdurre nuove risorse proprio con questo scopo, non può che far aumentare esponenzialmente la possibilità di un ambiente ostile.
In special modo se pensiamo quanto questo impiego sia ambito da chi frequenta la macchina utensile.
Lo sappiamo, ha le carte in regola: un lavoro anche da ufficio, di coordinamento e gestione di attività che vengono svolte in seguito, anche e soprattutto da parte di altri.
Anche se tentiamo di non porlo in questa maniera, questo compito verrà sempre considerato lo step successivo.
E di questo se ne renderanno conto presto anche le nuove risorse. Da qui il punto 3.
Motivo n.3 : è solo l’inizio della loro scalata aziendale
Limitiamo l’immaginazione.
Un giovane inesperto preso con lo scopo di operare su qualcosa che ha grande impatto e visibilità, nonché, talvolta, coordinare un’attività, inevitabilmente finirà per cercare di più.
In termini economici o di soddisfazione personale.
Ed è naturale perché, dopo essersi fatto largo tra lo scetticismo, l’inesperienza e gli errori, sarà consapevole di essere nella posizione di avere un bagaglio di competenze imprescindibili per l’azienda.
Nulla di nuovo. O, meglio, appare nuovo soltanto a chi se ne rende conto dopo aver fatto il colloquio.
Sì, perché non si tratta di un’evenienza, ma di una certezza.
Se non si prevedono degli scalini di crescita all’inizio, sarà molto più difficile prevederli successivamente.
Ma allora come dovrebbe essere gestito tutto questo?
L’introduzione della tecnologia dovrebbe essere un viatico per ampliare l’organigramma aziendale e dare la possibilità di crescita anche alle persone già presenti.
Rafforzare la struttura dotandola di altri strumenti, non ampliare la struttura senza il giusto sostentamento per sostenerla.
In definitiva, se tutti i punti precedenti si verificassero, naturale come possa avvenire facilmente che le giovani figure, a cui si affidano queste responsabilità, vadano perse per favorire le grandi imprese.
Perché non vedono altro che l’acquisizione di competenze, anche se in un ambiente che li mette in difficoltà, con responsabilità ma sempre poca voce in capitolo.
Diversamente, dovrebbe vedere l’acquisizione di capacità trasversali (cosa che solo un ambiente artigiano può dare), il coinvolgimento in un ambiente sereno e stimolante, oltre che una chiara visione positiva del futuro.
Se una azienda va avanti in modo organico lo fa con i valori, con quello che essa rappresenta nel modo in cui intraprende il viaggio nel mercato e gli propone le proprie competenze.
Si possono creare nuove posizioni in virtù della tecnologia che verrà?
Certamente sì: moltissime aziende non conoscono i loro limiti commerciali, molte altre non sanno come ottimizzare i loro processi, molte altre non sanno come rendere noti al mercato i loro punti di forza.
Questi sono tutti spunti di crescita che meriterebbero un approfondimento, condito dalla propria filosofia di lavoro e dai valori aziendali, per portare frutto anche attraverso nuove figure in azienda.
Se non si è in grado di trasmettere questo ai nuovi arrivati, si perderanno.
Ci sarà un ricambio sempre più importante, soprattutto negli uffici, dove queste nuove mansioni vanno per la maggiore, e ci si illude di poter facilmente trovare rimpiazzo.
Ma, allo stesso modo per l’officina, dove il personale “vale di più” per la logica vecchio stampo.
Ma del fatto che ci sono più persone in ufficio che in officina ne parleremo nel prossimo articolo.
Ricorda: i giovani vanno attirati con i valori e trattenuti con le opportunità, non viceversa.